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Canone Rai? Lo pagino anche le aziende. Il nuovo spot di Viale Mazzini presenta il “canone speciale”

Scritto da , il Febbraio 20, 2012 , in Personaggi Tv Tag:

text-align: center”>Canone speciale per le aziende

Da giorni in Rai se ne sono inventata una in più per battere cassa: il nuovo spot che invita a pagare il canone della tv pubblica entro il 29 febbraio (onde evitare la temibile sovrattassa) ha un destinatario specifico, le aziende. Tutte. Dal centro commerciale all’impresa edile, dal panettiere all’ufficio pubblico, insomma, il canone va pagato anche solo se si possiede un pc e una connessione internet: si chiama canone speciale, perchè è in parte diverso da quello per i nuclei familiari, e sono tenuti a pagarlo tutti gli esercizi commerciali, uffici, enti pubblici e pure istituti religiosi (e già, d’ora in poi pagheranno l’Ici e pure la tassa sulla tv, così, tutto ad un tratto!) che, come precisa lo spot, possiedono uno o più televisori, ma anche computer, smartphone, iPad e sistemi di videosorveglianza.

Insomma, laddove arriva il segnale Rai c’è il canone da pagare e a scanso di equivoci lo spot precisa chiaramente che l’imposta vale “per tutte le attività al di fuori dell’ambito familiare“. Secondo le associazioni dei consumatori, a circa 5 milioni tra aziende e lavoratori autonomi è stato richiesto il pagamento di questa imposta definita “speciale“, il cui importo è di 200,91 euro annui: in realtà il riferimento legislativo esiste ed è ben chiaro a rigardo, anche se non è mai stato interpretato in senso così estensivo. Secondo il regio decreto n. 246/1938, emenato dunque in un contesto tecnologico estremamente arretrato rispetto alle possibilità odierne, il semplice possesso di “uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radiotrasmissioni” obbliga al pagamento del canone “a prescindere dalla qualità e dalla quantità del relativo utilizzo. Il nuovo obbligo per le imprese è stato introdotto dalla Rai sulla base del decreto Salva Italia, varato lo scorso gennaio dal governo Monti, che prevede l’indicazione nel modello Unico di dichiarazione dei redditi del codice di abbonamento alla televisione pubblica. Una misura per contrastare l’evasione fiscale, che per il canone Rai sfiora il 30% (è l’imposta più evasa d’Italia, ndr). [imagebrowser id=321]

Ma la questione si allarga a macchia d’olio: potenzialmente, visto che in gennerale l’accesso alla rete internet configura la possibilità fruire dei prodotti della radiotelevisione italiana, a questo punto anche il semplice possessore di un qualunque apparecchio tecnologico è tenuto a pagare il canone. A puntualizzarlo, ci pensa un altro spot Rai, che recita così: “il canone è un’imposta legata al possesso di qualsiasi apparecchio in grado di ricevere trasmissioni televisive, quindi anche computer, tablet, smartphone“. E questo perchè i contenuti Rai sono visibili in diretta streaming anche accedendo al sito www.rai.tv.it. In teoria, dunque, anche chi non possiede un televisore, ma ha un pc o un videotelefono, dovrebbe pagare l’imposta a Viale Mazzini. E meno male che il canone non si applica ad ogni singolo apparecchio nè ad ogni singola unità immobiliare, ma solo per nucleo familiare (e d’ora in poi anche per ciascuna attività aziendale) in possesso di uno strumento in grado di ricevere il segnale. Già così, il caos è enorme.