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“La Tv in Italia? E’ indietro almeno di 3 anni!” parola di Andrea Materia – #WIDG

Scritto da , il Marzo 1, 2012 , in Programmi Tv
WIDG Social Network intervista Andrea Materia

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Per il progetto WIDG (Web Indice Di Gradimento), noi di LaNostraTv.it ci siamo occupati anche del mondo dei Social Network  che mai come oggi sta influenzando la visione dei programmi televisivi, vedi  il Festival di Sanremo che è stato twittatissimo durante la messa in onda delle varie serate. Per analizzare al meglio questa nuova fascia di mercato televisivo, abbiamo intervistato per voi Andrea Materia, noto autore Rai che ha dato anima e corpo al lancio di programmi a tema informatico, passando da L33T (tra il 2006 e il 2008 sul canale satellitare RAI Futura e su RAI 2) fra cui saltavano all’occhio temi come internet e l’informatica, al più recente Social King, il primo show della televisione italiana dedicato al fenomeno dei social network. Oltre ad essere un famosissimo autore televisivo, Andrea Materia sarà l’autore di un libro sulla Social Tv scritto a quattro mani con Gianpaolo Colletti che verrà  presto pubblicato da Il Sole 24 Ore.

Andrea Materia assieme a Michele Bertocchi sono gli ideatori del primo game show della televisione italiana sul tema dei social network dal titolo “Social King” che è andato in onda per la prima volta nel febbraio del 2011 su Rai2. Cosa vi ha spinto a realizzare un programma così particolare rispetto al solito palinsesto nazionale?

Il programma rientrava nell’ambito di una sperimentazione creativa e di linguaggio portata avanti dall’allora direttore di Rai Ragazzi Gianfranco Noferi. Questo ovviamente andava a sposarsi con una lunga esperienza pregressa nel campo delle trasmissioni dedicate alla nuove tendenze di internet che io personalmente ho portato avanti fin dal 2005 quando su Rai Futura scrivevo e conducevo i primissimi format nei quali venivano presentati contributi “User Generati”: il pubblico entrava in diretta attraverso le webcam oppure quando noi autori mettevamo in scaletta video realizzati da navigatori/spettatori, cosa che era assolutamente fuori da ogni schema per l’epoca. Social King quindi è stato proprio un programma che portava avanti una sperimentazione durata 5/6 anni e che era stata fatta, tanto sul digitale terrestre (vedi Rai Futura) quanto un po’ più tardi su Radio Due. Ovviamente se quelli erano dei programmi di Infotainement (metà informazione, metà intrattenimento), Social King ha rappresentato un salto evolutivo perché era intrattenimento puro con una propensione estrema per la cultura digitale e quindi, proprio per questo, aveva delle criticità superiori perché è naturale: le richieste d’ascolti che vengono fatte ad un programma di intrattenimento sono inevitabilmente più pressanti e superiori.

raidue presenta social king

Il programma che era iniziato già da alcune puntate, ha avuto dei cambiamenti in corso d’opera: se prima era un quiz con pulsantoni, più in là sono stati sostituiti dei giochi, è stato inserito un momento dedicato all'”esibizione dal vivo”ed è stata data crescente enfasi al voting online. Come mai questo cambio di rotta?

È stato un format di ricerca legato al linguaggio nonchè a un’operazione di analisi di Rai Marketing che ha seguito sempre e da vicino i risultati online che aveva il programma. Questi risultati online, per molti versi, avevano un’importanza superiore a quelli degli indici d’ascolto tradizionali. E’ evidente che un programma che vive dell’interazione col pubblico, deve andare incontro al feedback di questo pubblico! Ci siamo accorti molto rapidamente che c’erano dei momenti che venivano “presi” di più e c’era l’esigenza di mettere in maggior luce i talenti dei giovani emergenti/web star, che alla fine non sarebbero stati esaltati dal solo rispondere al quiz. I quiz alla fine erano un pretesto per far venire fuori un discorso sulla cultura digitale sommersa e sul Know-How che sfugge a quella che è l’informazione tradizionale. Bisognava portar fuori il lato artistico dei concorrenti e consentire loro di far emergere il proprio talento quasi andando ad interagire direttamente con lo spettatore (come si fa su Youtube, ndr.). Questo cambio ha sicuramente arricchito il programma e lo dimostra la moltiplicazione dei fan su Facebook negli ultimi mesi di messa in onda. Ripeto, per l’azienda era quello il parametro più interessante rispetto a quello dello share o il numero degli ascoltatori unici minuto-per-minuto. Era un programma fuori dagli schemi.

Quando avete prodotto questo programma, vi erano stati prefissati degli obbiettivi da raggiungere? O avevate carta bianca da parte della rete?

No, avevamo comunque dei target d’ascolto: a volte sono stati rispettati , a volte superati e alle volte siamo andati “sotto”. Questi dati però non erano ignorati, anzi… ci si rifletteva com’è consuetudine nella TV generalista. Andavamo a controllare minuto per minuto, cosa e perché il programma andava bene o andava male. Detto questo, c’era un indirizzo tale per cui il riuscire a generare dei risultati forti sui social network era considerato positivo quanto fare 50.000 spettatori in più a puntata… E da qui anche l’impiego notevole di tempo… di tutta la struttura, della redazione e di noi due autori che ci dedicavamo alla “declinazione web” del programma, dalla domenica alle 11 quando finiva la messa in onda fino al sabato alle nove di mattina, in attesa della diretta della puntata successiva…. Lavorare in questo modo ti da’ molta libertà, proprio perché stai “mettendo le mani” in un serbatoio inedito, da plasmare da zero rispetto a lavorare in trasmissioni già codificate come i talk di seconda serata o quelli dell’ora di pranzo o, peggio ancora, i varietà del sabato sera che hanno regole che vanno avanti da decenni: dove puoi variare qualcosa ma non sconvolgere tutto e ripartire da zero.

Parlando di ascolti, alcuni personaggi del mondo dello spettacolo in queste ultime settimane si stanno scagliando contro l’auditel come Pippo Baudo o Massimo Boldi. Inoltre, la blogosfera grazie al progetto WIDG ha lanciato l’iniziativa “un giorno senza auditel” in modo da uscire dalla schiavitù dei numeri e concentrarsi di più sul prodotto televisivo. Che risultati aveva dato Social King?

Il programma era vittima di una collocazione oraria particolare. Social King aveva un target di 15-25 anni, ed eravamo fortissimi su quella fascia di pubblico, dove superavamo spesso e volentieri il 10% di share. Ma eravamo deboli sugli altri demografici… (il programma andava in onda il sabato e la domenica alle 9.15 circa, ndr.) La rai non ha un canale dedicato a quel tipo di pubblico. Ha delle fasce di programmazione ma in realtà più incentrate ad un pubblico di bambini, non adolescenti: storicamente è un problema per la Rai, cercare di catturare quel tipo di pubblico… C’è da dire che se in un palinsesto “lineare”, quello delle emittenti tradizionali, non rientri in un blocco che ti consente di costruire nel tempo un richiamo verso quella fascia d’età, diventa poi una sfida impari. Esempio: se prima o dopo di te, non hai una trasmissione con le tue stesse caratteristiche ovviamente sei svantaggiato. E noi non avevamo nessun programma sul target specifico dei 15-25 anni. I dati sono stati molto influenzati anche da questo…

Escludendo il singolo programma, io sono convinto che il discorso di “un giorno senza auditel”, potrebbe diventare gli anni senza auditel! Nel momento in cui andiamo incontro ad una televisione dove ogni singolo programma diventa un brand a se stesso. Ad oggi, il programma lo puoi vedere in tv sulla Rai, lo puoi rivedere in streaming online, oppure con l’applicazione sul cellulare… La fruizione del prodotto televisivo andrà sempre più slegandosi dal palinsesto e già lo notiamo da adesso. Questo ovviamente ha vantaggi e svantaggi: lo svantaggio è che perdi quei traini (sempre se hai un traino forte), cercando di vivere di vita propria; il vantaggio è che raggiungi in maniera più precisa il tuo target di pubblico, quindi in un certo senso puoi essere più indipendente dal canale in cui vai in onda. Nel momento in cui sei inserito in questo ecosistema, il discorso auditel diventa più ampio: non vai più a calcolare il numero preciso di ascoltatori alle 10:15 ma inizi a controllare il coinvolgimento degli spettatori sulle varie piattaforme: da twitter a facebook, la blogosfera, i servizi di check-in, vai a calcolare i tuoi spettatori negli ascolti in differita, cosa che per un programma in diretta può risultare marginale, ma sta diventando determinante per le fiction. Tant’è vero che gli ascolti differiti delle fiction americane su Sky raggiungono regolarmente il 25-30% del totale. “C’era una volta” su FOX supera il 35% di ascolti differiti per ogni singolo episodio. Negli Stati Uniti siamo già ad un 50% di media per la stragrande maggioranza dei telefilm.

La realtà è molto più articolata rispetto al “calcolo” a cui siamo abituati e aspicabilmente questo dovrebbe tirare fuori più qualità rispetto a inseguire l’exploit del momento.

next tv materia andrea

Su Next-TV.it, il sito che cura sin dalla nascita, ha spesso modo di paragonare i prodotti audiovisivi online, con quelli del panorama televisivo italiani e straniero. Cosa pensi manchi nella nostra tv?

In Italia come gli States c’è un gran fermento artistico veicolato dal web. Siamo per molti versi, a mio parere, all’avanguardia in Europa. Questo è un bene ma… non è così scontato si traduca in business tangibile. Il problema italiano è che questo talento che emerge dal basso fa fatica ad entrare in quella che è la filiera del mercato audio-visivo italiano… Fa fatica ad essere considerato anche da Mediaset, Sky, La7, dal servizio pubblico… Considerato e valorizzato. Perché questo avvenga, ci dev’essere un cambio di prospettiva dei brodcaster (chi manda in onda, ndr.). Credo sia un cambio alle porte, quanto meno per quanto riguardo la RAI. Ne sono ragionevolmente convinto, sperando che poi i fatti non finiscano per smentirmi… Il vero step evolutivo si avrà nel momento in cui i contenuti sviluppati primariamente online, dalla webseries al game show al web reality, non saranno più considerati un corpo estraneo, ma un prodotto di pari dignità rispetto a quelli che vanno in onda sui canali televisivi classici.

La conseguenza di questa “rivoluzione copernicana” è lo spostamento dei budget. Nel momento in cui avremo degli investimenti da parte di soggetti industriali importanti verso i contenuti web-nativi inizieremo a recuperare il gap che adesso avvertiamo, con sofferenza neppure troppo latente nella community dei creativi, nei confronti degli Stati Uniti. Quanto ci vorrà che questo avvenga? Ad occhio, in Italia siamo sempre tre-quattro anni indietro rispetto alla realtà americana. Ora negli USA, rispetto agli importanti investimenti … C’è Hulu, che è una joint-venture formata da FOX, NBC e da ABCDisney, oppure Netflix, “il gigante” del home-video che ha costretto alla bancarotta Blockbuster… E ancora Yahoo, AOL… Questi soggetti solo negli ultimi 12 mesi hanno iniziato ad investire milioni di dollari per la produzione di contenuti originali. Google ne ha messi circa 150 per la creazione di 96 canali originali su Youtube. Quindi se solo da 12-18 mesi assistiamo a un’autentica costruzione di un mercato dei web-contenuti professionali a Hollywood e dintorni, per tenere il passo, noi abbiamo bisogno di iniziare a tastare le acque con progetti pilota ed iniziative per poi riuscire ad arrivare, nel giro di due-tre anni, ad avere un ecosistema che funzioni, dove tutto gira e dove c’è un riequilibro degli investimenti fra la televisione classica e quella interattiva on-demand fruita sui device Internet-connessi (device fra i quasi sta rientrando a peno titolo anche il televisore del salotto).