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Doc-Nelle tue mani, Sara Lazzaro: “Ci saranno colpi di scena” (INTERVISTA)

Scritto da , il Aprile 16, 2020 , in Interviste
foto Sara Lazzaro

Ultima delle quattro puntate di Doc-Nelle tue mani oggi, giovedì 16 aprile 2020, in prima serata su Rai1. La serie tv con protagonista Luca Argentero, com’è noto, tornerà però nella prossima stagione televisiva con altri episodi inediti. E in vista dell’ultima puntata in onda stasera, Sara Lazzaro (foto in alto di Piergiorgio Pirrone), che interpreta il ruolo di Agnese Tiberi, si è raccontata ai nostri microfoni ripercorrendo la sua carriera, parlando del suo personaggio e anticipando che i colpi di scena saranno ancora tanti in Doc-Nelle tue mani.

Da quattro settimane sei su Rai1 con la fiction Doc-Nelle tue mani, nella quale interpreti Agnese Tiberi. Parlaci un po’ di questo personaggio, che il pubblico ha avuto modo di conoscere puntata dopo puntata…

Agnese Tiberi è la direttrice sanitaria del Policlinico Ambrosiano di Milano, ma anche ex-moglie di Andrea Fanti. Prima di ricoprire questo ruolo dirigenziale, anche lei era medico in corsia – conobbe Andrea durante gli studi di medicina. Si sposarono giovani e presto decisero di costruire una famiglia. Tutto, però, cambiò drasticamente dopo la morte del secondogenito, Mattia. Il matrimonio non resse il colpo, lei lasciò la corsia e i due pian piano, nei 10 anni successivi, si costruirono due vite separate, fredde e distaccate – l’unico luogo in comune divenne l’ospedale. È con questo bagaglio che lei “rincontra” Andrea dopo lo sparo. Agnese per me è una donna complessa e stratificata: forte e determinata ma anche fragile e per certi aspetti ancora irrisolta. Un’equilibrista, tra passato e presente, che però, diversamente da Andrea, non si è scordata cosa ha vissuto in questi ultimi 12 anni.

Nella fiction reciti accanto a Luca Argentero. Com’è stato lavorare con lui?

Devo dire che mi sento fortunata ad aver avuto un compagno di scena come Luca. È molto professionale, preparato e porta un’energia molto serena sul set. Si è creata una bella sintonia e sento che questo ci ha permesso di lavorare al meglio delle nostre possibilità. Credo che abbia giovato anche ai personaggi che interpretiamo, dato che il rapporto tra Andrea e Agnese è molto delicato e stratificato, e raggiungere quell’equilibrio non è mai scontato.

Le riprese della fiction sono state interrotte poco prima della fine, a causa dell’emergenza coronavirus. Come avete preso la notizia dell’interruzione?

Credo che in fondo sapevamo che era solo questione di “quando”, non tanto “se” le riprese sarebbero state interrotte. La gravità dell’emergenza nazionale era palpabile da settimane, ed era consequenziale che tutti i settori si dovessero adeguare per contribuire al contenimento. Certo, essere interrotti per una pandemia mondiale fa un certo effetto.

Luca Argentero in una recente intervista non ha nascosto che raccontare la vita di medici e infermieri, in questo particolare periodo storico, non è facile. Secondo te la situazione che stiamo vivendo, ha giovato al successo della serie tv, visto che i dottori ora più che mai sono visti come degli eroi?

Il punto fondamentale credo sia che i medici (e tutti gli operatori sanitari) nella loro natura stessa, per il loro apporto alla società e per la natura vocazionale del loro mestiere, sono sempre stati degli “eroi”, con o senza i riflettori puntati addosso. Credo che sia importane non scordarselo dopo che tutto questo passerà. Loro sono sempre stati lì. Nella nostra serie, sin dal principio, era insito un tributo all’eccellenza di questa categoria, una forte ammirazione e rispetto dell’umanità e dei valori cardinali che la guidano, visto che raccontiamo storie di persone che fanno parte di questo universo. Ora come mai ricordarsi di questi valori è importante e cruciale, come persone e come società. Non era scontato che la nostra fiction fosse accolta con così tanto calore ed entusiasmo, soprattutto per il momento storico in cui stiamo vivendo. È comunque una responsabilità – come attori speriamo sempre che il nostro modo di raccontare queste storie sia un’occasione per riflettere, per sentirci più vicini e avvicinarci a quelle persone “vere” che si stanno sacrificando per il bene comune, di cui noi siamo semplici “involontari portavoce”.

Una fiction come Doc, le cui puntate totali sono 8, richiede inevitabilmente tempi di preparazione lunghi?

È la prima volta che faccio parte di una serialità così lunga con un ruolo da protagonista, quindi il mio coinvolgimento è stato abbastanza assiduo nei 6 mesi di lavorazione (escludendo i mesi di preparazione precedenti). Vengo principalmente da esperienze di cinema e di teatro, in cui il fattore “tempo” ha delle leggi e una conformazione diversa, non solo per quanto riguarda il processo di creazione ma anche la durata della lavorazione stessa: in “The Young Messiah” – il film biblico hollywoodiano in cui ho interpretato Maria – la lavorazione è stata di 11 settimane, in DOC abbiamo superato le 24 settimane… ( e dobbiamo ancora finire). Girare una serialità così lunga richiede una grande preparazione, concentrazione, gioco di squadra e saper calibrare in modo intelligente le proprie energie.


Vi hanno già comunicato quando, indicativamente, sarà possibile ultimare le riprese di Doc?

Ancora non sappiamo con precisione quando tutto riprenderà. Come tutti, dobbiamo aspettare e vedere come evolve la situazione, e nel frattempo restare a casa.

Da qualche settimana stiamo vivendo un momento molto critico. Tu sei originaria del Padovano, una delle aree maggiormente colpite dall’epidemia. Come stai affrontando questo periodo e che messaggio vorresti dare agli italiani?

È un momento surreale, senza dubbio. Nonostante la mia famiglia sia in Veneto, ho deciso di trascorrere l’isolamento a Roma, nell’appartamento in cui vivevo durante la lavorazione di DOC. Ero qui a girare la serie quando sono partiti i decreti. Non è facile esser distanti, ma è stata una scelta immediata: è il modo migliore per tutelarli e contribuire a fare la mia parte. Penso che nonostante le difficoltà, stia un po’ a tutti noi trasformare questo periodo anche in un’opportunità, in un momento di riflessione. Tante cose stanno emergendo di “come eravamo” prima che tutto questo accadesse – come individui e come società – che non andavano tanto bene: poco senso di comunità, empatia, ascolto e umanità… cose che forse già richiedevano la nostra attenzione, il nostro tempo, un pensiero più lento e meno frenetico. Sta a noi imparare qualcosa dal presente, per poi tentare di migliorare il nostro futuro, una volta che tutto questo passerà.

Nel 2016 hai ricevuto il Premio Cinema Veneto Leone di vetro per aver interpretato Maria nel film “The Young Messiah”, di cui ci hai parlato prima. Un ruolo sicuramente molto impegnativo… Com’è stato vestire i panni di un personaggio così importante?

Penso che Maria sia la figura femminile più importante e più celebre della civiltà umana. Racchiude in sé l’archetipo di “donna” e “madre”, porta con se un bagaglio infinito (religioso, culturale e artistico) ed è una figura su cui le persone proiettano un forte legame personale… Insomma, “no pressure” come si suol dire in inglese (ride, ndr.). Scherzi a parte, quando mi affidarono questo ruolo ero certamente molto felice e meravigliata, ma altrettanto intimorita – percepivo anche una grande responsabilità. Ricordo che tra le mie ricerche, ho osservato le rappresentazioni figurative della Madonna nel corso della storia: sempre diversa, sempre rappresentata in un modo molto “personale”, un modo radicato ad un’epoca e ad una cultura. Questo in parte mi ha rassicurato, perché ho capito che esistono tante “Marie”, tanti modi per raccontarla, e che quindi ero legittimata ad offrire la “mia” di Maria. Per avvicinarmi al ruolo ho fatto leva su l’unica cosa che potevo avere in comune con lei: l’essere donna. Come si fa ad interpretare un’icona? Non si può. Ma la donna sì. Ed è su quello ho deciso di focalizzarmi. La storia in questo è stata fondamentale: la sceneggiatura in sé fa trasparire, suggerisce e si appoggia sull’umanità di questi personaggi, raccontandoli in modo inedito. The Young Messiah racconta il viaggio che Gesù compie a sette anni con la sua famiglia da Alessandria D’Egitto a Nazareth. Una Maria che non ha appena dato alla luce il figlio o che lo affianca nella Passione, ma una giovane donna che lo accompagna nella sua adolescenza. Credo che ad oggi, partecipare a questo film sia stata l’esperienza più significativa della mia carriera. Sia per l’opportunità e la crescita artistica, che per quella personale. Credo sia un ruolo che richiede di metterti a nudo e in gioco totalmente. Avevo da un lato la responsabilità artistica di ricoprire un ruolo da protagonista in un film hollywoodiano, dall’altra la responsabilità di rendere giustizia a un personaggio così elevato, ma al contempo cosi familiare a tutti. Da Marzo 2020 The Young Messiah è disponibile sulla piattaforma Netflix USA, mentre in Italia è disponibile OnDemand su Sky.

Doc tornerà con 4 nuove puntate dopo l’estate. Puoi anticiparci qualcosina sulla trama del secondo ciclo di episodi?

Non voglio svelare nulla se non che il pubblico avrà modo di conoscere sempre più a fondo le storie dei protagonisti – non mancheranno i colpi si scena.

Quando l’emergenza sarà finita, inevitabilmente, si tornerà alla normalità, anche se a piccoli passi. Dopo la fine delle riprese di Doc, hai già nuovi progetti ai quali dedicarti?

C’erano dei progetti in pentola che ovviamente sono stati messi in pausa a causa dell’emergenza. Come per tutti, non sarà facile per il nostro settore. Rialzarsi sarà complesso e temo che i teatri e i “luoghi” di cultura (come spesso succede) saranno quelli a subire il colpo più grosso. Staremo a vedere. Ammetto che in questo momento storico non guardo troppo oltre al presente, il futuro è fatto di troppe variabili. Preferisco stare nel qui ed ora e affrontare le cose con calma, un passo alla volta.